mercoledì 23 aprile 2025

PAPE SATAN, PAPE SATAN ALEPPE




In copertina e sul dorso: elaborazioni del disegno La Colombe bleue 
di Pablo Picasso (1961) e della litografia Grasshopper 
di Maurits Cornelis Escher (1935).
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PAPE SATAN, PAPE SATAN ALEPPE 

Racconto tratto dal libro 

ZUZZUVIU - Racconti apodittici

di FRANCO CHIRICO

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Applicatevi con tutta la cura a pensare 
su quello che state per dire,
più che a dire quello che avete pensato.


Robert Fludd

Natura Integrae









L’alba di Roma puzza di latte come un’infante bacucca. L’antico apparire del sole arranca tra la luce dei mortali cinabri e dei corrosivi scarlatti. La sua ruota nascente squarcia la brulla matassa di nuvole al di sopra della linea dell’orizzonte e i perpetui friccichi stordiscono l’Urbe ammantata lungo i profili delle case, cicalando più dei bisbigli dei pigri risvegli.

  Qua e là qualche finestra schiude gli occhi, ma l’intera città continua a restare oltremodo misteriosa e avvolta nel suo millenario fascino muliebre. L’infinita lotta tra il pervenire del nitore divino e il morire salmastro delle ombre demoniache, tra pochi istanti cesserà. Il fuoco della buon’ora che accende il lento risveglio farà capolino, invadendo, con perniciosa arsura, l’umano grigiore e la pietra gabina della suburra. L’antico spirito cristiano trasformerà il giorno in un perenne mattino, almeno questo è quanto dicono da tempo i vecchi vaticini. È l’eterna malia che nessuno può fermare o sciogliere, nemmeno la frenesia di un focoso panettiere.


Tra i piedi di Simone, un giovane fornaio che ritorna a casa circondato dalla musica che esce a tutta callara dai suoi auricolari, scintilla un altro tipo di fuoco che allevia la stanchezza delle fatiche notturne a panificare. Dai suoi piedi murmura il ciangottare delle ruote degli skate che stridono sullo scontroso reticolo dei sampietrini. Fila via con le premure di un neo Epimeteo che corre per andare a baciare l’amata Pandora e aprire il suo vaso gonfio di malizie trasbordanti per riempirlo di turgidi fiori per nuovi infanti innamorati. Scende lungo la via del Colosseo gustandosi i marmorei chiaroscuri che s’arricciano con la luce del sole nei rocchi scanalati e sulle alte venature delle colonne del tempio di Venere Felice a ridosso dei Fori Imperiali.

  Taglia corto per l’Arco di Costantino e su per via Salvi. Attraversa Colle Oppio passando vicino l’arcibasilica papale di Santa Maria Maggiore per arrivare dritto dritto all’umbertina Piazza Vittorio tanto cara all’Ingegnere. Il frenetico risveglio della città che vede crescere ogni santo giorno davanti a sé, si attenua per l’arrivo di una dolce armonia. Sorride per lo stridio. Dagli auricolari adeguati nelle orecchie, prorompe, accavallandosi per magia sulla sua rockettara frequenza cittadina, la quarta intavolatura di chitarrone di Johann Hieronymus Kapsberger, un virtuosismo barocco che fluisce nelle tante variazioni su una tiorba che ha un suo perché con quel che sta per succedergli. 

Rallenta l’andatura e acconchiglia le mani sulle orecchie per gustare appieno il sensuale pizzicato delle corde che, non volute, lo sta incantando. Più in là, riavutosi dallo stridente passaggio sonoro, s’aggiusta meglio lo zainetto a tracolla, un monospalla a forma di prosciutto che gli si sforma addosso perché non sa contenersi nei movimenti a forbice.

  Il sole intanto ha conquiso l’Alba e si sta accordando sui tanti strumenti che man mano incontra riempiendoli di uno scintillio dorato che taglia in due ogni cosa. Rimane colpito dallo zigzagare della luce solare che ubriaca l’asfalto e che sfavilla sulle cromature delle auto, sulle serrande delle botteghe ancora abbassate e sui cassonetti ricolmi d’immonda mercanzia e degli ulteriori scarti alimentari buttati sui marciapiedi invasi dai ratti. Lo stridore visivo ritorna sonoro: è risaltata la sintonia. In cuffia, ora, gli arriva, contorta, la nobelissima lagna del Dylan blusinessman e gli annuncia la leggiadria della cavernosa voce dell’Aurora ditirosata che sta pinturecchiando gli ombrosi giardini davanti a sé; di fatto il chiarore purpureo ha già abbacinato le alte chiome dei secolari ippocastani. Vale a dire che è nel quartiere piemontese ormai invaso dai cinesi. 

     La luce vince sui suoni.

    L’alto contrasto topografico gli riaccende un malumore che si comporta ogni volta come una goccia metodica, che sa di stillicidio etnico e di prevaricazione organizzata sulla sua città.

Attraversa quel pasticciaccio di mala voglia ogni mattina tagliando con i suoi pattini l’Esquilino. Sgambetta con impeti presciolosi e sfiora con le dita ciò che gli si para innanzi: auto, pareti, manifesti, vetrine, cornicioni di finestrelle basse. Salta sui marciapiedi e si aggrappa ai pali dei segnali stradali - di solito vandalizzati -, per svoltare veloce.

  D’un tratto la musica si interrompe, in cuffia gli arriva di nuovo l’interferenza di Radio Maria, ma questa volta le melodie seicentesche lasciano il posto ad una voce minacciosa:


... e vidi la Bestia salire sul trono del Tempio.

Il nuovo Anticristo! Divenire re della Terra

e preparare la fine del mondo 

con pestilenze, carestie e guerre sanguinose.

Nessuno più assurgere a Pontefice dopo la sua venuta,
ed egli stesso succedere al «Papa Nero»  

come ultimo Papa «Pietro II». 

E ancora! Vidi la Terra sconvolta

da tremendi terremoti catastrofici.  

Il Colosseo diventare una montagna 

di pietre avvelenate, e tutta la città eterna 

spazzata via in una notte d’estate 

e con essa la Chiesa cattolica, apostolica e romana

... e della cristianità non rimanere

che un inutile ricordo.


Simone entra nella piazza dall’angolo di via dello Statuto. Attraversa il salvagente che corre lungo il bordo del giardino e arriva a via Mamiani. All’improvviso, oltre alle parole della radio, qualcosa non gira più per il giusto verso. I piccioni raccolti in una crocchia che gira su se stessa si spaccano e al suo passaggio volano via. Ne emerge un uomo di colore sulla sessantina, seminudo e sdraiato per terra con la faccia in giù. Ha i capelli brizzolati e un corpo ancora ben messo. Qualcosa dell’uomo lo colpisce: non è né un barbone né un drogato. Si ferma, torna indietro. Lo scruta attentamente, si avvicina quasi inginocchiandosi al suo cospetto. L’uomo stringe tra le dita un foglio che mette in risalto un anello d’oro vistoso e possente con sopra inciso un simbolo tripartito, una trinacria a tre teste uncinate, che in un semplice ragguaglio assomiglia ad un triplice «6» destrogiro, la sintesi dell’ultimo e malefico mini fidget spinner uncinato. 

È questo chi è?! Che ci fa seminudo per terra in mezzo alla piazza con questo strano anello con tre sei?

Si guarda intorno per scoprire se ci sono compari o malintenzionati nascosti dietro ruderi o piante.
Ehi signore... Ehi! 

Lo scuote e cerca di svegliarlo. Lo rigira mettendolo supino. Subito dopo si ritira su guardandosi ancora intorno. In giro non c’è nessuna anima viva. A pochi metri dal corpo inerme dell’uomo ci sono i ruderi della «Porta Magica» scolpita nel lontano 1655 che fa da quinta naturale alle rovine del ninfeo, oggi Trofei di Mario; tra tutte le epigrafi esoteriche incise, si ricorda del motto palindromo sulla soglia «SI SEDES NON IS». 

Una macchia bianca nel riquadro della porta murata lo colpisce. Cioè dal muro che chiude da molti anni l’accesso della Porta ormai invalicabile e controllata dai due Bes corrosi, fuoriescono i lembi di un abito bianco, il resto è imprigionato o meglio è un tutt’uno con i mattoni. Nello stesso istante avverte qualcosa di strano nell’aria. Riguarda il Pellegrino a terra e riconsidera il contesto.

Ma, ... ma che sta succedendo qui intorno? Come fa quel vestito ad essere fuso nel muro? Chi cavolo è quest’uomo con uno strano copricapo in testa? 

Continua a scuoterlo, gli dà un buffetto in faccia, un altro, con più veemenza. Si accorge che l’uomo di colore ha una candida papalina sul capo. Gli dice qualcosa, ma non s’avvede che gli sta strillando giacché dai suoi auricolari esce musica a palla. 

Ehi, sei vivo? Svegliati, sve-glia-ti! Che ci stai a fare così nudo qui per terra.

L’uomo di colore si scuote  dal torpore. Si sveglia di colpo e si ritrae dal giovane. Percepisce il frastuono che fuoriesce dalle sue cuffie malefiche. 

- «Non toccarmi ancora, se non vuoi che sia l’ultima cosa che potresti fare in questa vita».

Si guarda intorno. Simone condizionato dai sospetti dell’uomo fa altrettanto. L’uomo, ribatte.
- «Quale magia sta dentro le tue orecchie?!».

Il giovane frastornato si sfila gli auricolari dalle orecchie lasciandoli cadere penzoloni vicino alla testa dell’uomo che ora sente la musica più forte. L’uomo di colore si spaventa e lo guarda impaurito.
- «Dove mi trovo? Che cos’è questo frastuono infernale che fuoriesce dai tuoi fili bianchi che poco fa erano nelle tue orecchie e che ora pendono sulla mia faccia?».

Simone sfoggia prontamente, con il sarcasmo tipico romano, una perla di sapienza scolastica.
Io sono Melisseo e quello che senti è il ronzare delle api del mio casato.  

- «Certo, e magari stai per dirmi che il tuo motto è “In Forti Dulcedo”. Senti discendente dei Tafani, lo so che siamo a Roma nell’Hortus Conclusus della villa Palombara, ma vorrei sapere di più sul tuo ronzio».

L’uomo di colore si ritrae dagli auricolari. Cerca di alzarsi da terra, ma gli cade la papalina dalla testa. Simone prontamente la prende e la guarda sconcertato. Dopo di che gli sfila il foglio stretto tra le mani e lo apre. Lo legge senza fiatare passandosi una mano in testa, preoccupato ansima. Poi cinico com’è, prova a rimettergli uno degli auricolari vicino all’orecchio. 

Quale ronzio dici, questo?!

L’uomo si ritrae impaurito replicando, a tanta sfacciataggine, con una paternale cristiana.

- «Spiriti del firmamento!?... allontana le voci filistee che escono dal tuo piccolo inferno di suoni. Non avvicinarle alle mie orecchie o ti porterò a morte nelle secrete vaticane prima della fine del tuo tempo... La musica, ovvero la tua musica sconvolge l’anima! La distrugge. La mia mente non è ancora pronta a sopportare in un solo balzo di quattro secoli questo canto assatanato».

Simone rimane allibito dal modo di parlare dell’uomo, ride: il rock stride ai vecchi!

  Cazzo amico, che te sei fumato?!

- «Da quanto tempo mi trovo qui? Che accidenti di scarpe hai messo ai piedi? Ahhh! Adesso rammento. Però che strano modo di vestire avete nel XXI secolo? Questo è il XXI secolo, vero?!».

Ehi, ehi, chi ti ha ridotto in questo stato? Scommetto che ti hanno preso tutto, ce l’hai i documenti con te? Come ti chiami? Come sei arrivato qui?!

- «Di questo passo riempiremo il mondo con le nostre domande. Riesci a rispondere a qualcuna delle mie, prima di farne delle altre tutte tue?».

Se permetti le domande le faccio io, visto che ti ho trovato mezzo nudo e morto per terra. Chi sei, da dove vieni e perché sei conciato come il genio della lampada?!
- «Corri sempre così troppo figliolo?! Non puoi rivolgerti senza rispetto, alla mia presenza».

Allora ciao, è stato un piacere. Ho da fare. Fatti continuare a beccare dai piccioni. Tiè!! Riprenditi sto strano zucchettino.

Si sistema lo zainetto a tracolla e fa per andarsene. L’uomo di colore lo trattiene per una caviglia.

- «Aspetta! Fermati un attimo figliolo, tu sei Simone non è vero?! Il mondo come tu ora lo conosci presto sarà diverso. Certo è che le api con le quali cazzeggiavi saranno ancora il simbolo dell’ultimo papato. Un momento di questo passo non finirò prima di stanotte a dirti chi sei e chi diverrai! A che serve perdere tempo?! Tu Simone, un giorno, sarai Pietro II, l’ultimo Papa della Chiesa».
Simone, risentendo pronunciare il suo nome dallo straniero, si blocca subito. L’uomo di colore è ancora semisdraiato a terra. Si inginocchia e mette le mani conserte, come per supplica verso Simone.
- «
Solo a noi due è stata data l’opportunità di essere reciprocamente al cospetto di un Santo Padre, solo a te e a me è stata riservata la fortuna di incontrarci in questo modo. Non puoi lasciarmi qui al ludibrio di tutti. La Chiesa del futuro ha bisogno del tuo aiuto».

Ma che stai farneticando, e poi, come fai a conoscere il mio nome?

- «So molte cose di te, figliolo. Aiutami ad alzarmi».
Simone non fa nulla. 

- «Me la dai una mano a tirarmi su o no? E poi, perché non mi dai lo strano vestito, quella tuta, così mi sembra che la chiamate in questo secolo, che sta ripiegata in quella bisaccia nera con uno strano nome cucito sopra, una parola non certo in latino: «Adidas»!?».
  Nessuno ha aperto il mio zainetto da ieri pomeriggio, come fai a sapere anche questo?!

- «Se credi in ciò che ti dirò, presto tutto ti sarà più chiaro, miscredente!».

L’uomo inizia ad infilare la tuta di Simone sopra al suo strano mutandone. Incespica nella manica del giubbetto credendola una gamba dei pantaloni. Simone aiuta l’uomo che, una volta vestito, infila il foglietto, ritornato nelle sue mani, in una tasca.
La zona si è animata, in lontananza è un pullulare di mattinieri che gironzolano frenetici. Un camion dell’ama ingoia rifiuti dai cassonetti. Le auto sfrecciano con maggiore frequenza intorno a loro.

- «Dedicami ancora un po’ del tuo tempo. Aiutami in una cosa che ti riguarda e che interesserà i cristiani di questo terzo millennio».

Si muovono da lì. L’uomo è leggermente claudicante, Simone gli cinge la vita. Dopo alcuni passi si gira indietro ricordandosi del vestito bianco bloccato nei mattoni della Porta Ermetica.

Che cosa ha a che fare con te una papalina e il vestito bianco da Papa? Halloween è finito da un pezzo!

- «Non sprecare il tuo tempo con battute irriverenti. Ti chiedo di accompagnami nei pressi dell’Abbazia di San Paolo fuori le mura, proprio alla nuova Basilica Patriarcale di San Paolo. Io non riesco ad orientarmi in questa Roma così cambiata, così, come dite voi, moderna. Una volta lì ti svelerò molte altre cose, per ora posso solo dirti, facendole mie, alcune delle parole che Dio farà declamare a Mefistofele nel Faust di Goethe, anzi, essendo io qui nel futuro, le ha già declamate: “Se pur adesso egli mi serve solo in un confuso anelito, lo condurrò tra poco a chiarità”.

- «Andiamo figliolo, dobbiamo mettere sapientemente in pratica l’ultima profezia».

Mi dispiace santità ho ben altri giri programmati per oggi - sorride per quel che sta per dire -. C’è una brunetta che mi sta aspettando dentro candide lenzuola.
Seccato perché deve giustificarsi davanti ad uno sconosciuto.

Anzi sai che ti dico! Semplicemente non posso far morire proprio la mia mattinata appresso a te.

L’uomo di colore lo prende per un braccio e lo tira a sé, con un tono sopra le righe.

- «Non è a Margherita o ad un’altra donna o a me che dedicherai il tuo tempo futuro, ma al mondo intero, alla Madre di tutte le Madri, a Maria, alle Chiese del Mondo, perciò tu verrai con me, o se preferisci pensare diversamente, accompagnami pure contro la tua volontà, ma ora sei legato a qualcosa di più grande di te! Perciò non fare altre storie e vieni seco me». 

Simone a questo punto dopo aver sentito che l’uomo conosce anche il nome della sua donna, accetta, suo malgrado, di seguirlo. Dopo la breve corsa in taxi i due, attraversato il quadriportico, entrano nella Basilica patriarcale. Simone non smette di guardare tutti i ritratti dei papi dentro i clipei, da «S • PETRVS •» fino a «FRANCISCVS •» ed in particolare su quelli della navata laterale destra.
L’uomo di colore indica i tondi leonini con gli ultimi otto papi effigiati, fino agli altri ancora vuoti. Mostra a Simone l’ottava immagine clipeata di Pio X, poi Benedetto XV, successivamente Pio XI.
- «Questi sono stati i tre papi dell’inquietudine, della congiuntura e della guerra:


“Ignis Ardens” - Pio X,

“Religio De Populata” - Benedetto XV,

“Fides Intrepida” - Pio XI. 


- «Poi, ancora, i tre papi del rinnovamento e della nascente spiritualità:


“Pastor Angelicus” - Pio XII,

“Pastor et Nauta” - Giovanni XXIII, 

“Flos Florum” - Paolo VI.


- «Ed ecco infine il tempo dell’ultima serie, di coloro che hanno segnato il nuovo passaggio prima della fine dei tempi: 


“De Medietate Lunae” - Giovanni Paolo I, 

“De Labore Solis” - Giovanni Paolo II,

“Gloria Olivae” - Benedetto XVI.


- «Questo tondo è quello che doveva appartenermi, come recita il motto finale del vescovo del duecento S. Malachia proprio il n° 113: “In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus”.
- «Dovevo essere io, ma una strana e avversa sorte ha voluto che ci fosse ancora un altro papa, l’argentino. Non sono arrivato in tempo all’appuntamento; il ritardo come puoi capire è notevole, ma questo ora ha poca importanza! Io sono il Papa dell’ultimo papato». 

  Aspetta, aspetta. Tu dovevi essere l’ultimo pontefice?! Tu al posto del tedesco, anzi di Papa Francesco, insomma il “Papa Nero”? Cioè Jorge Mario Bergoglio non doveva essere lui l’ultimo Vescovo di Roma?! Tu sei tutto matto! Gli ultimi tondi ancora bianchi sono tanti, ma che cavolo vai dicendo?! Chi sei veramente tu?

E nel dire queste parole Simone si allontana da lui. Incomincia a squadrarlo con sospetto.  

- «Non andare via figliolo, non scappare dalla verità, la Chiesa futura ha bisogno proprio di te. Sei ancora troppo giovane per riconoscere i segreti che sono ben celati nella gloria del Messia. I voti che prenderai ti apriranno la via e solo allora ti apparirà tutto più chiaro».
Simone scuote la testa, è confuso. Si agita, indietreggia e l’uomo gli va appresso. 

Io pre... prelato, io prete, ma che te dice er cervello?
L’uomo di colore prende dalla tasca il foglio che stringeva nella mano all’inizio e lo ridà a Simone.
- «Rileggi questo! Ti chiarirò alcune cose».

Simone apre il foglio e prova a leggere.

  Ma è in latino, non ci capisco nulla riconosco solo quattro numeri, “2”, “8”, “14” e “20”.

- «Leggi, leggi con attenzione». 

Simone segue con gli occhi e lui cita a memoria.
- «“
In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quidi transactis, civitas septis collis diruetur, ed Judex tremendus judicabit populum suum. Amen”».

Simone continua a camminare all’indietro semi inciampando sui marmi consumati del pavimento mentre l’uomo prima gli va incontro, poi si siede.
Ma che vordì sto delirio?

- «“Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro il romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni; quando queste saranno terminate, la città dai sette colli sarà distrutta, ed il temibile giudice giudicherà il suo popolo. E così sia”. Petrus Romanus, Simon Pietro sarà l’ultimo papa prima della fine del mondo, dovrà restituire il mandato di Pietro, il primo pastore e custode delle chiavi del cielo. Sarà “Pietro II” che chiuderà per sempre le porte del mondo».
Simone alza gli occhi al cielo e con un vortice visivo scorre mentalmente in rapida sequenza i volti dei papi nei clipei.

Tu ti stai facendo gioco di me. Mi hai sequestrato, convincendomi a seguirti qui nella Basilica patriarcale perché dovevi rivelarmi un’immensa verità, ma io non vedo e non sento nulla di nuovo, solo vecchie parole scritte in latino.

- «Il mio ed il tuo destino sono segnati. Quantunque io giunga dal passato per indicarti la giusta via, sono qui per condurti per mano nel futuro dei suoi Pastori e della Chiesa che tu dovrai ricostruire».

Già!! (ironico) Tu vieni dal passato! Che sbadato, come ho fatto a non pensarci prima allo Stargate?!

A Simone ritorna in mente il momento davanti alla Porta Magica. L’uomo continua imperterrito.
- «
Io sono qui per scrivere un nuovo futuro, il tuo. Nell’anno 2020 la Chiesa subirà uno strano scisma, e i fedeli si allontaneranno da Cristo e dal suo diretto vicario. Solo la venuta dell’ultimo papa «Pietro II», porterà l’ultima speranza di pace. Ma Roma cadrà e con essa la Santa Sede, il pontificato terminerà perché lo Spirito Santo, dopo mille tribolazioni di milioni di uomini, li illuminerà direttamente così che la Terra diverrà il nuovo paradiso.

        - «Non spaventarti se ti dico che vengo dal passato, una grande magia mi ha trasportato dal lontano 1681 qui ora nel terzo millennio, in questo inutile 2018 troppo tardi per divenire il papa del motto «De Gloria Olivae». Il mio nome è Alfonso Garinzert De Galoris, Cardinale della Nigeria, se io fossi divenuto papa mi sarei fregiato del titolo di benedettino o meglio “Olivetano” come recita l’appellativo con il quale ci identificano tutti quanti. Con molta scaltrezza Joseph Ratzinger ha scelto proprio il nome di Benedetto al mio posto, per dare corpo alla profezia di Malachia. Così come la Testa di Moro nel cantone sinistro del suo stemma “caput ethiopicum o moro di Frisinga”. Ma non è questo che mi preme, ora. Sono qui per aiutarti, per non permettere ai domenicani di portarti, prima che prendi i voti fra due anni, in esilio».

E in che modo io, un umile fornaio, sarei in pericolo?! Non conosco nessun domenicano e non ho nessuna intenzione di intraprendere la carriera ecclesiastica, in questa o in un’altra vita.

- «Tutto avverrà come è stato profetizzato. Simone, assapora ancora per un po’ l’aria mite e tranquilla di questa Roma apparentemente sopita e distratta, affogata nell’arsura del diciottesimo anno del terzo millennio. Lo senti? È ancora acceso il ricordo dell’infamia delle nuove guerre di democrazia, di religione e delle false motivazioni che le hanno determinate, camuffandole con la lotta al terrorismo. L’11 settembre e l’11 marzo per te sono ormai storia, l’uomo nuovo che sta nascendo le sta catalogando come «le incredibili menzogne». Ma l’uomo non ha ancora imparato nulla dai suoi errori e continua a creare con le sue stesse mani nuove pestilenze, nuove carestie (AIDS, influenza Aviaria, SARS, vaccini assurdi ed inutili) bioingegnerie e altre malattie che verranno ancora create, più terribili, più disastrose, e tutto solo per frenare la nuova avanzata economica delle preistoriche civiltà asiatiche e culture della terra. Per ingordigia, per il predominio infame dei popoli sui popoli, per il petrolio, per distruggere il bene e la supremazia di antiche civiltà e nazioni ancora per poco libere. Tutto questo sarà il preludio di una nuova guerra, la più temibile, quella che porterà nel 2036 alla distruzione delle secolari religioni monoteiste, della politica sovranista e delle false fratellanze; vale a dire dell’umanità intera!! La fine del mondo». 

Simone però è incantato dalle parole dell’uomo.
Padre, perché dovrei credervi? Voi state profetizzando la mia missione per un nuovo cattolicesimo e, per il futuro della Chiesa, la distruzione della “città eterna”, l’inizio del conflitto finale tra bene e male, ossia il fallimento del cristianesimo. A me pare che state profetizzando la fine del mondo e la venuta dell’Anticristo.

Il viso dell’uomo di colore si illumina.

- «Tu l’hai detto figliolo. La futura enciclica “Dominus Mundi” ce lo rammenterà, annuncerà la tua venuta ancora con più forza. In essa troveremo scritto a chiare lettere che, “siederà nel tempio del Signore e si manifesterà con l’apostasia delle Sacre Scritture. E con esso sarà compiuto il destino della fine della Chiesa e della morte violenta dell’ultimo vicario di Cristo, Pietro II”. Ma tutto questo sarà il preludio di una nuova salvezza, di un nuovo disegno divino».

Spero che avrai una spiegazione plausibile anche per i quattro numeri: 2, 8, 14 e 20.

Indica il foglietto che tiene ancora in mano.

- «Lo dovresti sapere per me è futuro per te è storia! L’esoterista Ely Star, un giorno meditava sul numero della «Bestia»: 666. Pensò di sommarne i fattori con il numero della materia, che secondo la dottrina di Pitagora è il “2”, con il primo 6 ottenne 6+2=8 che sommò al secondo 6, 6+8=14, e questo con l’ultimo 6+14=20. Questi numeri sono l’esatta data della dichiarazione delle prima guerra mondiale 2° giorno dell’8° mese del 14° anno del 20° secolo: 2 agosto del 1914».
L’uomo di colore ha un sorriso compiaciuto appena vede lo sgomento sul volto di Simone.

- «Aiutami figliolo a rialzarmi. Gli stessi numeri ti sveleranno persino un’altra atroce verità che si sta per compiere per annunciare un antico futuro e soprattutto il tuo imminente passato».

Gli occhi dell’uomo di colore senza essere visti da Simone diventano rossi, diabolici. 

- «... ma devi seguirmi ancora, devi fidarti di me. Dobbiamo entrare di nascosto in un’area che è sotto gli occhi di tutti, ma impenetrabile ai più; un’area avvicinabile solo da chi è iniziato nel cristianesimo esoterico, di cui solo i papi possiedono le chiavi misteriose. Lì ti farò vedere uno dei sette segreti ben nascosto da millenni, dalla notte dei tempi. Solo allora capirai tutto, solo in quel momento comprenderai come sono arrivato in questo secolo e perché sono venuto al tuo cospetto attraverso una porta spazio-temporale, la “Porta Magica o Ermetica”».

Prendiamo un altro taxi però santità. Così mi spiega tutto con comodo, incominciano a venire meno le energie e a mancarmi le forze per la notte di lavoro.

L’uomo di colore gli sorride.

- «Prima però dobbiamo trovare un vestito adatto alla mia dignità di porporato per entrare con maggiore facilità nelle segrete del Vaticano».

I due sono dentro la Basilica di San Pietro, si muovono indisturbati in mezzo alla folla orante e ai tanti gruppi di turisti. Sono all’estremità destra della navata centrale, proprio vicino alla statua di bronzo di San Pietro. L’uomo di colore indossa un abito da cardinale. Tutti e due toccano il piede del santo, solo Simone però si inchina e lo bacia.

        Scendono sotto alle “Grotte Vaticane”, giù per le cappelle delle tombe dei Papi dalle scale vicine alla statua di S. Longino. 

L’uomo di colore prende per la spalla Simone.

- «Seguimi. È qui che ti verrà svelato ciò che avverrà nel nuovo mondo». 

Si aggirano per i cunicoli della cripta che si dipana sotto il Baldacchino del Bernini. Si fermano vicino ad un enorme sarcofago senza iscrizioni. Scavalcano il cordone legato alle piantane che delimitano l’area. Aprono una porticella e s’imbattono in un cunicolo buio e umido che ricorda una catacomba. Arrivano ad una porta custodita da un drappo di marmo rosso con uno scheletro di travertino che stringe una falce in bronzo. La aprono ed entrano in un successivo corridoio buio. Lo percorrono per dei lunghi tratti illuminati da luci d’emergenza che si attivano e si spengono al passaggio. Alla fine del cunicolo si bloccano di fronte ad una statua di marmo nero, vi è raffigurato un Demiurgo Leontocephalus, un essere stretto nella morsa di due serpenti che lo avvolgono per tutto il corpo. L’uomo di colore si ferma e aspetta l’arrivo scomposto di Simone in preda all’affanno.

- «Ecco siamo arrivati, qui c’è la porta del primo mistero. Da qui entreremo nelle viscere delle segrete».
 
Finanche lui si concede due lunghi respiri. Infila la mano in una nicchia scura e sposta una leva. Il muro dietro la statua si sposta. 

Uhau! Allora non mi stai dicendo cazzate.

- «Vieni miscredente - sorride -, seguimi».

Entrano, infilandosi dietro la statua. Buio totale. L’uomo di colore accende una serie di luci a led da un interruttore a muro. Dopo qualche altro cunicolo una seconda porta blocca il passaggio. È chiusa da una serratura apribile solo inserendo tre dita nelle tre fessure. Un rivelatore di impronte digitali si attiva. L’uomo lo gira tre volte a sinistra e tre volte a destra finché non scatta facendo aprire un muro isodomo. Compare una tastiera con una fessura a forma di anello. Sulla porta si accende la luce dentro una scritta. È un monito:


NOVUM IN VETERE LATET

VETUS IN NOVO PATET


Simone insofferente sulle scritture morte.

Ancora scritte in latino?! 

- «Svelto, prendi questi pippiolini di faggio e inseriscili nei numeri che farò apparire e che ormai conosci».

Cioè due, otto, quattordici e venti?

- «Sì, digita prima fila 2 e 8; seconda fila 1 e 4 terza fila 2 e 0: due per ogni fila di dieci numeri dallo zero al nove incisi dentro quadratini». 

Simone si gira sgomento verso l’uomo. Senza parlare chiede perché non scatta. Allora capisce. L’uomo di colore si sfila l’anello e lo dà a Simone che una volta infilato lo appoggia alla fessura. Si accende. 
Simone con attenzione spinge giù i pippoli. L’uomo di colore digita per tre volte 6, 6, 6. Nel preciso istante la porta scatta. Una luce intensa invade l’ambiente e i due assorbono la luce diventando una sagoma scura dal contorno evanescente. Simone si gira verso l’uomo di colore rimanendo di profilo.

Un momento, un momento. Se tu sei ciò che dici, allora sai già cosa si cela dietro la porta!

- «Tutto è stato già scritto Simone. Nello stesso istante persiste presente, passato e futuro. Tutto è pleroma del pensiero supremo e solo a pochi iniziati è permesso sapere, conoscere il vero così in profondità! Solo a te è stata data questa grande opportunità, ma una volta entrato nel cronovisore del tempo devi divenire te stesso, cristallino, puro come un fanciullo. Fai tua la verità che ti si svelerà e mira il Logos che ti si parrà dinnanzi. Sarà un’esperienza scioccante, irripetibile ma tienilo sempre a mente, come monito, perché sarà per te l’eterno vaticinio, e ti permetterà di liberare l’umanità intera. Tutto quello che vedrai, non ti verrà mai spiegato e queste mie parole non avranno più senso. Io stesso non sarò mai esistito. Perciò solo una cosa mi preme ancora dirti: nutri sempre profonda fede dovunque ti troverai e con chiunque ti incontrerai. Ogni cosa che vedrai ti cambierà, e tutto quello che percepirai ti farà capire il vero valore del tempo ed il vero senso delle cose. Il nuovo passato ed il vecchio futuro diverranno tutt’uno con il prossimo presente che cambierà e diverrà la nuova storia dell’uomo. Nulla sarà più come prima. Il mondo cambierà e con esso la “Sacra Romana Chiesa”».

Tu mi spaventi. Portami fuori da qui!

- «Ormai è troppo tardi per tornare indietro. Non possiamo più uscire, tutto si è chiuso alle nostre spalle. Ricorda, sarà la tua vita ed il tuo intervento che cambierà per sempre ciò che diverrà il nuovo corso del mondo. Non preoccuparti, sarò sempre con te dovunque tu andrai non ti lascerò mai solo».

Di nuovo gli occhi dell’uomo di colore diventano per un istante rossi e la pupilla si restringe come quella della Bestia, brillando di perfidia luciferina. Simone entra nella stanza e lentamente la luce intensa si affievolisce. Le finestre svaniscono e con esse la luce. Le pareti a blocchi tufacei grezzi, prendono prima le sembianze della sala del trono di Castel del Monte. Nel mezzo si erge una colonna da cui penzolano corde e ganci... un ambiente piceo col soffitto a volta e pietre bugnate. Proprio sul pavimento vede scorrere il leviatano dei cicli musivi della cattedrale idruntina, infine una nebbia, bianca, labirintica, lo avvolge a spirale come a Chartres. Tutto diviene un unico ambiente dopo che l’uomo di colore fa scattare la porta davanti a sé, rimanendone fuori. L’invaso della stanza si riempie completamente di un liquido dorato. Tutto il fluido giallo di colpo si solidifica. Un blocco accecante e impenetrabile dove solo chi è dentro può sentirsi parte in divenire. Come una rugiada che diventa brina, infine ghiaccio e poi  ancora vapore sulfureo. Una eco tremenda accompagna questa trasformazione completa di Simone che si ritrova vestito da Santo Padre.

  Una risata maligna e tagliente dell’uomo di colore irrompe nell’ambiente. Simone inizia a svanire, diviene tutt’uno con la stanza. Le pareti ora sono completamente lisce, non gli concedono nessuna fessura, nessuna nicchia o anfratto per nascondersi o delle asperità per aggrapparsi e uscire. L’intera materia diviene color argento, acciaio puro. Non trova nulla che possa fermare la trasformazione in corso. La voce tonante dell’uomo di colore invade l’ambiente, poi rimbomba solo dentro di sé.

- «Ricorda, saranno gli stessi numeri 2, 8, 14 e 20 che ti parleranno del futuro riportandoti nel passato». 

Per Simone tutta la stanza inizia a girare in un vorticoso turbinio di immagini e allucinazioni miste a sciabolate di luci surreali e multicolori. Chiude gli occhi ma vede solo atrocità, soprusi e violenze future del terzo millennio. Il suo essere è scosso. Tutto gli appare come un grande Olocausto Universale. Infine vede l’uomo di colore tra la folla sulla sedia gestatoria come Papa Nero, poi se stesso sulla sedia papale assiso come la statua bronzea di S. Pietro che benedice urbi et orbi, proprio mentre avviene il crollo della Cupola di S. Pietro che gli precipita addosso. Poi vede la distruzione del Colosseo e delle altre basiliche papali, e subito dopo la caduta di Roma e a seguire quella di tutte le altre capitali mondiali. Bombardamenti, terremoti, pestilenze, vandalismi e molte altre atrocità. Sfinito si accascia al suolo duramente segnato dall’evento.
Poi pian piano si riprende dallo stordimento. Quando si sveglia è riverso seminudo per terra non distante da un viottolo campestre. Nelle vicinanze un gregge pascola tranquillo. Un vecchio signore scende da cavallo e lo scuote per svegliarlo. Simone, per un attimo, lo scambia con l’uomo di colore, il viso è scuro nel controluce. Si tira su. Si guarda intorno sgomento e farfuglia qualcosa all’uomo che gli sta intorno. 

Dov’è il pontefice che era qui con me?!

Il vecchio signore lo guarda incredulo.

- «Che eresia! Messere voi farneticate! Qui intorno  non c’è traccia d’altra creatura oltre a vossignoria e men che mai di Sua Santità».

Si fa il segno della croce quando vede l’anello. 

- «Noi comuni mortali non veniamo mai a contatto con gli altissimi signori della Chiesa e men che mai con i potenti dell’alto clero. Questa è terra sconsacrata e i forestieri invasati come voi messere hanno vita breve».

L’uomo gira intorno a Simone e si accorge della papalina che ha in testa e dell’abito talare da pontefice intrappolato nel muro dipinto di una grande edicola votiva che due mastri stanno finendo di restaurare. Da sopra i ponteggi borbottano: «Un forte tremore e lo muro voleva venir de sotto, poi è apparso codesto signore ignudo suso allo stradone».

Simone si gira verso di loro e si accorge dell’abito papale fuso nel muro. Sopra l’arco una figura con due teste incoronate, un REbis. Ne comprende la simbologia, ci vede i due papi attuali, e subito sotto, tenuta da due grandi palme con datteri, una larga cornice con dentro tre api a suggellare l’apertura da dove Simone pensa di essere passato. Quello è stato il suo varco spazio-temporale, a senso unico, come prima la Porta Magica.

Scorge la scritta Anno Domini MCCCCXX sull’architrave dell’edicola non ancora finita di essere incisa. Comprende che ha fatto un viaggio indietro nel tempo. 

Il cavaliere rimira l’anello a tre “6” che Simone tiene infilato nel dito e cerca di toglierlo, sguainando la spada, ma Simone si alza prontamente e lo ammonisce.

Fermati in nome di DIO! Non puoi privare il Santo Padre del suo anello papale, fermati o ti punirò con la scomunica e l’inferno eterno.

L’uomo spaventato da tale veemenza desiste, riguarda il vestito bianco da pontefice e i due sulle impalcature che scendono per darsela a gambe.

Non scappare, ho ancora bisogno di te. Fermati! Dimmi, che giorno è oggi?!

Il vecchio signore ride sarcasticamente con la stessa voce dell’uomo di colore.

- «Ahhh, ahhh! Strana presunzione la tua straniero. Ti atteggi all’attuale pontefice Martino V privo di scrupoli e non conosci i giorni del tuo pontificato».

Gli occhi del cavaliere diventano rossi e brillano come quelli prima dell’uomo di colore. Da sotto ai ponteggi uno dei due: «Questo è il secondo giorno dell’ottava luna nell’anno domine 1420».

Simone sconsolato cade sulle ginocchia, allarga le braccia e cerca comprensione dagli uomini davanti a sé spaventati. Disperato farfuglia gli ultimi istanti di follia di questo lungo giorno che non finisce più.
Riecco i numeri che mi sono stati ammoniti 2, 8, 14 e 20. La Bestia, si è preso gioco di me, non potrò mai più cambiare la Chiesa, rinnovare le sue fondamenta, far crollare il vecchio per il nuovo mondo. Rimandato indietro qui nel passato, dovrò rinunciare per sempre a ricostruire il nuovo cristianesimo mentre l’Anticristo, nel terzo millennio continuerà a prendersi gioco dell’umanità. L’ultima profezia salterà. Il «Papa Nero» non è Francesco, sarà lui Pietro II, l’ultimo Papa.

«La bestia?! L’ultimo papa del terzo millennio?! Ma che state farneticando messere, quali bestemmie vi sono state concesse?!». 

Simone con gli occhi iniettati di sangue.

Pape Satan! 

Pape Satan Aleppe.

«Perdonate la mia ignoranza ma non comprendo siffatte parole, tremo all’idea del loro significato».

Il cavaliere scompare sotto i suoi occhi. Poi si gira per capire dove è scappato, ma oltre a lui non vede più neanche i due e le stesse impalcature.

È tutto inutile, è tutto inutile... non serve a niente, non potrò cambiare nulla, ogni cosa resterà per sempre in suo potere... Mia adorata Margherita, dolce Fornarinanon admodum speciosa”, aiutami tu nipotina adorata.
Strilla al mondo intero la sua rabbia.

“PAPE SATAN PAPE SATAN ALEPPE!”


Sciabolate di luci e colori. 

        Infine, un buio totale oscura la Terra. 

        Un sole nero dominerà il mondo.




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Proprietà letteraria riservata
© Franco Chirico, 2018
Copyright © INGEGNI Edizioni
COLLANA La Ninninedda 
Prima edizione: gennaio 2018

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