Aeolus (Self-portrait with flour) di Luca Pierro
Gli ultimi istanti di esistenza non è
possibile condividerli con nessuno, ma restano lì, in eterno, carichi di
paure e gioie. Risplendono nell’infinito oceano delle emozioni e dei
ricordi, e ognuno di essi resta inabissato nel buio più profondo. E
quando sei pronto a farli venire a galla, riemergono come un’enorme
balena bianca. Devi essere abile ad arpionarli al volo per riviverli e
farli propri, specialmente se non sono i tuoi. Non ha importanza su
quale navicella stai viaggiando è importante riconoscere a chi
appartengono.
- § -
Recollection Room
di
Franco Chirico
Non stava più dondolandosi semplicemente sull’altalena. Era sospesa
in aria e il beffardo rezzo gelido di novembre abbracciava il suo viso
premendo sugli occhi come spilli. Sapeva che poteva cadere da un momento
all’altro e che le sue minuscole dita, così strette alle corde,
iniziavano a sbriciolarle in tanti fili di canapa. Le mezzelune dei
pollici, rosse quanto le adiacenti cuticole rosicchiate negli ultimi
giorni, stavano scomparendo sotto la stretta presa delle mani. Ma più
temeva di cadere e più si teneva salda. Percepiva l’aria che le riempiva
i lunghi capelli ed era scossa da un fremito che gli gelava il sangue.
Sentiva le vene che si contraevano per le fitte del panico che
ripetutamente accelerava sui polsi mentre il cuore, dopo ogni spinta,
gli arrivava in gola.
Per un attimo ha riaperto gli occhi alzandoli in alto, si è
assicurata che i nodi delle corde erano ancora stretti attorno al ramo
per sentirsi legata più alla terra che al cielo. Così sospesa nel vuoto
non ha però capito se sognava, se erano solo ricordi e se quella
caligine che affogava i suoi occhi era vera e divorava il parco dei suoi
pensieri o era un nuovo incubo più feroce del precedente.
Non poteva permettersi una nuova ricaduta, il dottore era stato
chiaro “devi tenerti salda ed essere nel qui ed ora, sempre”. L’angoscia
è cresciuta appena ha realizzato che, invece, le corde si perdevano nel
nulla e lei dondolava appesa solo alle sue paure. Il terrore ha
scomposto il suo ritmo appena si è accorta che quel movimento continuo
non gli restituiva più l’orizzonte. Allora ha guardato in basso e da
quel momento ha iniziato a vedere solo croci bianche spuntare improvvise
da terra, fino a divenire una triste distesa di tombe di un cimitero
infinito.
Lentamente davanti ai suoi occhi si è aperta una voragine che
inghiottiva le lapidi. L’albero già era svanito, il cielo si era
volatilizzato e sotto ai suoi piedi si allungava ferina l’ombra di chi
la stava spingendo per portarla via con sé.
La vertigine degli eventi gli ha rattrappito gli arti. Ha sbarrato
la bocca serrando i denti e ha inghiottito la lingua per non doversi
lamentare. Per ultime ha socchiuso le cosce opime per non subire una
violenza che immaginava arrivare fin dentro di lei, nell’intimità. Una
luce intensa è piombata fulminea illuminando le soavi membra che ai suoi
occhi sono apparse per quello che erano realmente, bitorzolute e
rattrappite, di una vecchia segaligna. I suoi capelli incanutiti in
fretta sembravano rampicanti che si avviluppavano in lunghissimi trefoli
intrecciati come funi, le stesse che stringeva tra le mani nodose. Così
appesa e tirata su per i capelli ha iniziato a piangere per il dolore.
Nulla poteva contro quella forza oscura che la tirava, portandola, al di
là delle sue ultime energie, verso il territorio dell’annullamento.
Tra le nuvole si sente assorbita in un intenso lucore che la trasporta alla fine del tunnel. Intorno vorticano, circondandola, angioletti smaniosi di accompagnarla in fondo, verso il principio di nuova perenne evoluzione. E proprio nell’estremo trapasso, un improvviso singulto la tira fuori, una forza la fa rientrare in sé riaggrappandosi ancora alle corde avvolte al robusto ramo, ma è quello della secolare quercia della casa paterna.
Tra le nuvole si sente assorbita in un intenso lucore che la trasporta alla fine del tunnel. Intorno vorticano, circondandola, angioletti smaniosi di accompagnarla in fondo, verso il principio di nuova perenne evoluzione. E proprio nell’estremo trapasso, un improvviso singulto la tira fuori, una forza la fa rientrare in sé riaggrappandosi ancora alle corde avvolte al robusto ramo, ma è quello della secolare quercia della casa paterna.
Riconosce le finestre e le tendine socchiuse, l’avvolgente calore
domestico, i propri familiari. Ama quel luogo che profuma di tenera
vita, ricorda che ha dei figli, cinque nipotini, e che quelli sono gli
ultimi pensieri che resteranno lì, eterni. Rivede gli istanti in cui il
marito l’ha abbracciata e fatta sua delicatamente, rammenta i primi
vagiti di Trinest, la sua primogenita, le prime parole pronunciate, la
susseguente laurea. Poi improvviso incombe il dolore, la morte del
coniuge. La figlia da crescere da sola, i lustri che passano inesorabili
fino al matrimonio con il secondo compagno, e poi altri due figli. La
nuova disgrazia e il dolore immenso per la perdita dell’ultimo nato, per
un malore fulminante, finché un nuovo lungo dondolio l’allontana da
loro.
Sospesa nel vuoto assaggia l’aspra umidità della sera, e di nuovo,
l’altalenante ritmo, calma ulteriori ricordi che riaffiorano come
antiche ferite che finiscono per stroncarla. Ora la compieta è davvero
suonata. Sente la pelle lacerarsi sparpagliandosi in ogni dove e i suoi
respiri affannarsi nel cercare di tessere quei brandelli dispersi e
farne un nuovo corpo di fresche e rigeneranti intenzioni. E mentre
l’entelechia è compiuta, un secondo scossone la riporta via da lì verso
l’infinito peregrinare tra le langhe oscure dell’immensa solitudine e
dell’oblio.
Comprende che l’ombra distruttiva ora la sta avvolgendo in una
luttuosa veste nera. Un corvo gli si posa sul braccio destro e inizia a
beccarla a sangue lacerandone i tessuti, sull’altro s’adagia una candida
colomba che la solleva delicatamente per portarla via con sé.
Così trafitta e in croce non osa però chiamare a sé l’oscura signora e
pregarla di accelerare quegli attimi indulgenti che significano morte.
Sa che aspettarla le dà un coraggio che pone sollievo e beatitudine agli
ultimi istanti terreni della sua antica anima.
Rivede il cimitero sotto di sé e questa volta ne afferra il senso e
il messaggio evocativo. L’eterne onde del destino volgono al termine e
niente e nessuno cullerà più i suoi sogni e i suoi ricordi. Il suo,
ormai, non è più un dondolio, è stasi, rigidità, pace. È quell’ultime
visioni disperate sono state registrate nel grande libro degli eventi.
Le corde si fermano e quando la luce si accende, i suoi mortali
resti non ci sono più. Solo le sue emozioni resteranno lì, intatte nel
tempo, per essere rivissute, sempre.
Un triste clic spegne l’ultima testimonianza di vita registrata sul pianeta Terra in loro possesso. Sul megaschermo bi-oled LogDiØ3, il potente cronovisore di ultima generazione, compare una data che sa di inverosimile. La donna che esce in lacrime dalla Recollection Room
della stazione spaziale orbitante “Nantucket” non può che essere grata
al capitano Mobachaby per averle fatto rivivere l’esperienza degli
ultimi istanti di sua nonna Nedeva, prima di morire nell’inverno del
2063.